In principio era il RID, il Rapporto Interbancario Diretto, in cui un utente autorizzava la banca su cui aveva il proprio conto corrente al pagamento della somma dovuta per un bene o un servizio a una società terza. Era quindi un sistema esclusivamente italiano tramite il quale l’istituto del creditore poteva verificare la capienza del conto corrente e che provvedeva a prelevare per conto della società terza. Ma oggi l’unione dei sistemi bancari al livello europeo ha elaborato il SEPA Direct Debit, altrimenti noto come SDD. Ma qual è la differenza tra RID e SDD? Il risultato finale per l’utente è il medesimo, cioè si autorizza l’addebito di una cifra dal proprio conto corrente verso una società terza creditrice, che però oggi può risiedere in qualsiasi paese dell’area SEPA.
Il SEPA Direct Debit si instaura tramite la stipula di un mandato, con il quale il cliente pagatore (nello schema noto come debitore), dà l’autorizzazione (il mandato, per l’appunto) a quella società alla quale è stato richiesto il bene o il servizio (nello schema noto come creditore) a poter prelevare la somma pattuita direttamente dal proprio conto corrente.
Il mandato quindi evidenzierà i termini economici del rapporto, che può essere sia stabilito come un pagamento una tantum oppure come una serie di pagamenti ricorrenti, in cui l’importo può essere sia prefissato che variabile.
Il mandato inoltre nasce come un semplice documento cartaceo, oggi disponibile anche in modalità digitale tramite i sistemi di Firma Elettronica Avanzata, e che anche seppur limitatamente può essere stipulato secondo un preciso formato elettronico.
Queste modalità di stipula digitale (o elettronica) sono sempre più popolari grazie alla loro comodità sia per il debitore (che non deve stampare, firmare e spedire un documento all’emittente della fattura) sia per il creditore (che può così automatizzare più facilmente, avvalersi della comodità ed efficacia della cosiddetta conservazione sostitutiva) . Una popolarità acuita dalla più ampia apertura, con relative misure di sicurezza, dei servizi bancari online (con delle pratiche standard ormai riconosciute nella industry in generale, e applicate nell’area SEPA in particolare).
L’area SEPA comprende tutti i paesi dell’Unione Europea, l’Islanda, la Norvegia, il Liechtenstein, il Principato di Monaco, San Marino, la Svizzera e le dipendenze della Corona Britannica.
Come si legge sul sito della Banca d’Italia, infatti, “è possibile ottenere questo servizio se si è titolari di un conto di pagamento (conto corrente bancario o postale), di una carta conto, oppure di una carta di credito. Per effettuare pagamenti con addebito diretto SEPA, il cliente deve autorizzare la società che fornisce l’utenza o il servizio, firmando un mandato di pagamento. A ogni scadenza, il beneficiario inoltrerà l’ordine di pagamento e il prestatore di servizi di pagamento del debitore lo eseguirà, addebitando gli importi sul conto del cliente, senza chiedere ogni volta il suo consenso”.
Il RID, invece, scontava un meccanismo più macchinoso che coinvolgeva tre soggetti – e non due – e rendeva quindi più complesso il rapporto. In caso di pagamento errato bisognava rivolgersi alla banca, che a sua volta doveva chiedere all’azienda di stornare un pagamento non dovuto. In caso di conto non coperto, era prima di tutto la banca a mettersi “di traverso” inserendo il cliente nella black list e comunicando all’azienda terza l’impossibilità a procedere con il pagamento. E questo portava a un iter complesso come nel caso delle società di recupero crediti. Per questo motivo, dal 1° maggio 2014 in poi i RID sono stati progressivamente sostituiti dagli SDD.
“L’addebito diretto SEPA – si legge ancora sul sito di Banca d’Italia – permette di non ritardare o saltare pagamenti ricorrenti. Nel caso di addebito senza copertura di fondi il pagamento può essere respinto: nei casi più gravi ciò può comportare anche la sospensione della fornitura del servizio. In altri casi, se previsto dal contratto di conto corrente, il pagamento può essere eseguito ma il cliente può incorrere nel pagamento di spese per la concessione di un fido o per l’utilizzo dello scoperto di conto”.
L’SDD, quindi, permette di gestire in maniera semplice ed efficace le operazioni ricorrenti: operazioni rese più sicure grazie alla forte tutela nei confronti del consumatore (il debitore) dovuta alle garanzie sulla gestione del singolo pagamento (storno automatico).
Questo meccanismo consente di poter non solo sviluppare prodotti e servizi con modelli di business più adatti all’economia attuale, ma anche elaborare modelli di fidelizzazione resi possibili da un rapporto che diventa continuativo e affidabile.
Gli addebiti possono essere sia un problema per il debitore (non riconosce l’importo dovuto) sia per il creditore (indisponibilità del conto del debitore).
Per arginare il problema nei confronti del debitore, l’azienda creditrice ha l’obbligo di inviare un avviso qualche giorno prima della scadenza del pagamento in modo che il debitore possa verificare di avere effettivamente la disponibilità sul conto corrente, o contestare preventivamente la notifica di addebito.
Qualora, però, dovesse completarsi il pagamento, il debitore ha comunque un margine di 8 giorni dalla data effettiva di addebito per poter chiedere la cancellazione e il conseguente storno dell’importo.
In ogni caso, esiste un termine di 13 mesi, introdotto dalla normativa comunitaria sui servizi di pagamento nel mercato interno, entro il quale è consentito gestire una contestazione. Tale politica fa parte delle principali differenze tra RID e SDD che hanno favorito la diffusione di quest’ultimo per la gestione dei pagamenti ricorrenti.